Scrivo questo articolo adagiato nella
poltrona che fu di mio nonno, davanti al caminetto acceso, mentre
nella stanza entra la bellissima luce del pomeriggio regnanino, che
nella memoria illumina tante delle giornate della mia vita.
Mia nonna è qui accanto, seduta di
fronte alla finestra a fare l'uncinetto approfittando proprio di
questa luce, ignara che sto pensando anche a lei, attraverso molti
dei suoi racconti sulla vita di una volta.
E scrivo all'indomani di un
appuntamento mensile molto carino che vede me e la Marocca impegnati
nella città di Genova, in piazza Matteotti, la piazza del palazzo
Ducale, nell'evento denominato “Sapori al Ducale”, organizzato
dalla Compagna dei Sapori, un' associazione che organizza con
successo eventi enogastronomici di eccellenza nella bella Liguria e
non solo.
Devo dire che il pubblico genovese si è
rivelato molto sensibile alla bontà della Marocca ed alla sua
storia. Non è un caso infatti che abbia deciso di scrivere questo
articolo che già da tempo mi frulla in testa a seguito delle
chiacchierate con le tante persone che si sono soffermate con me,
che avessero o meno un bel sacchetto con dentro una marocca.
In questi mesi in cui sto sviluppando
il mercato anche in Liguria, ho scoperto che l'entroterra di questa
bella regione vicina alla mia, è molto simile a quello della mia
terra, la Lunigiana, ricco di castagneti e di ricette a base di
farina di castagne ed a confermarlo ci sono proprio i racconti dei
miei ospiti di una certa età, che sono sempre toccanti e
arricchenti.
Questo genere di incontri è frequente
nelle fiere che ospitano la Marocca in giro per l'Italia, complice
il grande valore culturale e simbolico che ha. E anche qui ho
conosciuto storie di persone che hanno affrontato i difficilissimi
anni della Seconda Guerra Mondiale, che si sono trovate sfollate sui
monti dell'entroterra, dove hanno superato la fame proprio grazie
alle castagne.
Periodi di fame quindi, di grande povertà, di paura, di stenti e fatiche.
Un' epoca, quella, senza le comodità
di cui possiamo godere oggi ed in cui niente era superfluo, nulla
veniva sprecato e si imparava a conoscere, per forza ma per fortuna,
l'immenso valore delle piccole grandi cose della vita.
C'era un concetto diverso di bisogno, un atteggiamento ed un approccio differenti nel cercare di soddisfarlo e farvi fonte.
Con tutte le informazioni che ho raccolto su quell'epoca e quella Storia, mi sono fatto un'idea che spesso tengo stretta nei momenti in cui mi prende un po' di sconforto per il difficile momento economico attuale. E cioè, accostando le due epoche ed estendendo un pochetto il concetto di “crisi” , mi dico
“meglio questa crisi che quella”.
Lo penso seriamente ma non posso essere
io la fonte più autorevole per affermarlo perché per mia fortuna
quel tempo riesco solo ad immaginarlo attraverso i racconti dei miei
nonni e delle persone che ho incontrato. Lo posso solo immaginare e ,
facendolo, mi sembra un racconto fantastico, quasi una leggenda,
praticamente incredibile. Per me è sempre stato così, fin da quando
da bambino ascoltavo il racconto di mio nonno riguardo al suo
miracoloso scampare alla morte dopo essere stato catturato e ferito,
quando era un giovane partigiano di vent'anni.
Per questo ho imparato a girare la mia riflessione sotto forma di domanda ai miei interlocutori. E la risposta, devo dire, è sempre la stessa:
“ Si! Meglio questa”.
Solitamente, pongo la domanda mentre i
miei ospiti si stanno allontanando dallo stand, forse perché mi
piace salutarci con un po' di ottimismo per il presente ed il futuro.
E quindi posso essere certo che questi
tempi, nonostante le enormi problematiche sociali ed economiche che
il nostro Paese sta affrontando, debbano essere attraversati con la
consapevolezza che ce ne sono stati di più difficili e non lontani,
che sono stati, a duro prezzo e con grandi sacrifici, superati.
E anche noi, protagonisti di questa fase di crisi, una crisi
diversa generata da eccessi e non da carenze e mancanze, possiamo e
dobbiamo farcela.
Proprio con questa consapevolezza, ora che ho appena terminato una lunga telefonata col commercialista per scoprire che cosa fosse quella cartella esattoriale recapitata in mattinata dall'odiato postino al Forno in Canoarà, ora che mia nonna si alza per accendere la luce benchè il tramonto regali ancora qualche bel raggio di sole, io, con un po' di mea culpa per la mia scarsa attitudine al lavoro di ufficio ed un po' di sana rabbia civica verso un sistema massacrante e distruttivo di tanta energia imprenditoriale, concludo la mia riflessione certo che supererò anche questi insoluti contributi inps.
Nessun commento:
Posta un commento