giovedì 29 maggio 2014

C'è crisi e crisi


Scrivo questo articolo adagiato nella poltrona che fu di mio nonno, davanti al caminetto acceso, mentre nella stanza entra la bellissima luce del pomeriggio regnanino, che nella memoria illumina tante delle giornate della mia vita.

Mia nonna è qui accanto, seduta di fronte alla finestra a fare l'uncinetto approfittando proprio di questa luce, ignara che sto pensando anche a lei, attraverso molti dei suoi racconti sulla vita di una volta.

E scrivo all'indomani di un appuntamento mensile molto carino che vede me e la Marocca impegnati nella città di Genova, in piazza Matteotti, la piazza del palazzo Ducale, nell'evento denominato “Sapori al Ducale, organizzato dalla Compagna dei Sapori, un' associazione che organizza con successo eventi enogastronomici di eccellenza nella bella Liguria e non solo.

Devo dire che il pubblico genovese si è rivelato molto sensibile alla bontà della Marocca ed alla sua storia. Non è un caso infatti che abbia deciso di scrivere questo articolo che già da tempo mi frulla in testa a seguito delle chiacchierate con le tante persone che si sono soffermate con me, che avessero o meno un bel sacchetto con dentro una marocca.

In questi mesi in cui sto sviluppando il mercato anche in Liguria, ho scoperto che l'entroterra di questa bella regione vicina alla mia, è molto simile a quello della mia terra, la Lunigiana, ricco di castagneti e di ricette a base di farina di castagne ed a confermarlo ci sono proprio i racconti dei miei ospiti di una certa età, che sono sempre toccanti e arricchenti.

Questo genere di incontri è frequente nelle fiere che ospitano la Marocca in giro per l'Italia, complice il grande valore culturale e simbolico che ha. E anche qui ho conosciuto storie di persone che hanno affrontato i difficilissimi anni della Seconda Guerra Mondiale, che si sono trovate sfollate sui monti dell'entroterra, dove hanno superato la fame proprio grazie alle castagne.


Periodi di fame quindi, di grande povertà, di paura, di stenti e fatiche.

Un' epoca, quella, senza le comodità di cui possiamo godere oggi ed in cui niente era superfluo, nulla veniva sprecato e si imparava a conoscere, per forza ma per fortuna, l'immenso valore delle piccole grandi cose della vita.


C'era un concetto diverso di bisogno, un atteggiamento ed un approccio differenti nel cercare di soddisfarlo e farvi fonte.


Con tutte le informazioni che ho raccolto su quell'epoca e quella Storia, mi sono fatto un'idea che spesso tengo stretta nei momenti in cui mi prende un po' di sconforto per il difficile momento economico attuale. E cioè, accostando le due epoche ed estendendo un pochetto il concetto di “crisi” , mi dico
 
“meglio questa crisi che quella”.
 
Lo penso seriamente ma non posso essere io la fonte più autorevole per affermarlo perché per mia fortuna quel tempo riesco solo ad immaginarlo attraverso i racconti dei miei nonni e delle persone che ho incontrato. Lo posso solo immaginare e , facendolo, mi sembra un racconto fantastico, quasi una leggenda, praticamente incredibile. Per me è sempre stato così, fin da quando da bambino ascoltavo il racconto di mio nonno riguardo al suo miracoloso scampare alla morte dopo essere stato catturato e ferito, quando era un giovane partigiano di vent'anni.


Per questo ho imparato a girare la mia riflessione sotto forma di domanda ai miei interlocutori. E la risposta, devo dire, è sempre la stessa:

“ Si! Meglio questa”.

Solitamente, pongo la domanda mentre i miei ospiti si stanno allontanando dallo stand, forse perché mi piace salutarci con un po' di ottimismo per il presente ed il futuro.

E quindi posso essere certo che questi tempi, nonostante le enormi problematiche sociali ed economiche che il nostro Paese sta affrontando, debbano essere attraversati con la consapevolezza che ce ne sono stati di più difficili e non lontani, che sono stati, a duro prezzo e con grandi sacrifici, superati.
E anche noi, protagonisti di questa fase di crisi, una crisi diversa generata da eccessi e non da carenze e mancanze, possiamo e dobbiamo farcela.


Proprio con questa consapevolezza, ora che ho appena terminato una lunga telefonata col commercialista per scoprire che cosa fosse quella cartella esattoriale recapitata in mattinata dall'odiato postino al Forno in Canoarà, ora che mia nonna si alza per accendere la luce benchè il tramonto regali ancora qualche bel raggio di sole, io, con un po' di mea culpa per la mia scarsa attitudine al lavoro di ufficio ed un po' di sana rabbia civica verso un sistema massacrante e distruttivo di tanta energia imprenditoriale, concludo la mia riflessione certo che supererò anche questi insoluti contributi inps.


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